I crimini nel CPT di Ragusa


Si rompe il muro di omertà sui crimini nel CPT di Ragusa: le coperture di questura e prefettura


--Il Laboratorio Zeta di Palermo esprime totale solidarietà a Fethia dopo la denuncia dei crimini all'interno del CPT di Ragusa coperti da questura e prefettura.

E' da tempo che i movimenti antirazzisti siciliani denunciano il malaffare all'interno del CPT di Ragusa gestito dalla Croce Rossa Italiana.

Sono anni che denunciamo le nefandezze in tutti i CPT/lager siciliani: dalla strage del Vulpitta alle violenze del CPT di Lampedusa, fino alla deportazioni di massa verso la Libia.

Sono in molti coloro che sanno quello che accade nei CPT e non parlano, bisogna rompere questo muro
di colpevole omertà: non si può giocare con la vita e la dignità di migliaia di uomini e donne.

Lanciamo un appello perchè CHI SA PARLI non solo a Ragusa, ma in tutta la Sicilia e nel resto d'Italia,
smascheriamo le speculazioni milionarie della Misericordia, della Croce Rossa e di tutti
quei soggetti che ingrassano sulla pelle dei migranti.
mobilitamoci tutti per la chiusura di ogni CPT.

Tutti a Roma il 3 dicembre per la manifestaizone nazionale per i diritti dei migranti
e la chiusura di tutti i CPT.

COMUNICATO STAMPA
Fethia, un esempio di coraggio e dignità
RAGUSA - Fethia Bouhajeb, 39 anni, tunisina, dal '93 a Ragusa, impegnata da sempre nell’integrazione culturale ha presentato un esposto in Procura in cui denuncia una serie di violenze, aggressioni, minacce di morte per se e il figlio di 7 anni da parte di un gruppo di connazionali, di cui ha fatto nomi e cognomi, che terrebbero sotto ricatto i tunisini in attesa di un permesso di soggiorno o in cerca di assistenza, di una casa, di un lavoro.
La donna, diplomata in lingue straniere in Tunisia, insegnante e animatrice, impegnata fin dal suo arrivo in Italia nella causa dell'integrazione e dell'emancipazione delle donne arabe, come testimoniano innumerevoli riconoscimenti pubblici del suo impegno e gli incarichi ufficiali ricevuti da varie istituzioni, racconta di essere da circa cinque anni nel mirino di questo gruppo.
<Quando ero in servizio presso il cpt, tra gli altri episodi da me ritenuti gravi, ne ricordo particolarmente uno. Ancora il Centro non era destinato solo alle donne , ed un giorno alcuni immigrati fuggirono.Alcuni furono ripresi e quando io arrivai uno di loro mi fece vedere dei segni di violenza sul corpo. Gli altri suoi compagni mi dissero che il ragazzo era stato picchiato dalle forze dell’ordine quando era stato ripreso ed anche dentro il CPT e di riferire questo al Berretta. Cosa che io correttamente feci.
E mi risulta che Berretta protestò.
<>.
Fethia ricorda di essersi più volte opposta a tali richieste e di avere respinto anche la pretesa di alcuni dei suoi aggressori di conoscere tempestivamente il nome degli imputati da assistere in atti giudiziari, cosa che invece, secondo la denuncia presentata, altri farebbero tranquillamente.
L'esposto parla anche di prestazioni sessuali imposte alle donne e di varie forme di estorsione ai danni di numerosi connazionali, costretti ad ubbidire alla banda per ottenere un permesso di soggiorno, o servizi e vantaggi a cui avrebbero diritto.
Fethia, autrice di articoli e di un libro sulle donne tunisine in Sicilia, ha subito la più grave delle aggressioni l'8 marzo scorso ( lo stesso giorno in cui i quotidiani locali le dedicavano articoli per il suo impegno sociale e culturale), quando fu ricoverata in ospedale per le ferite e le lesioni riportate. Successivamente è sfuggita ad una "visita" notturna nella sua abitazione in cui, secondo notizie apprese successivamente, e riferite nell'esposto, avrebbe dovuto "essere sottoposta a violenze sessuali di gruppo e acidificata>".
“Per cinque anni ho denunciato tutte le aggressioni e le violenze psicologiche subite alla questura ed ai carabinieri, e queste denunce sono anche allegate all’esposto che ho depositato insieme al mio avv. Michele Sbezzi al Procuratore Fera
Finora ero stata frenata dalla paura che potessero fare del male a mio figlio che va a scuola a Ragusa. Dopo essermi confidata con persone amiche che mi conoscono da molti anni - confessa Fethia - ho vinto la paura ed ho deciso di denunciare tutto, alla luce del sole. Ho fiducia nella giustizia. Spero che tutti quelli che come me sono a conoscenza dei fatti da me denunciati o di fatti simili, e sono tanti, parlino, per il bene delle persone oneste. So già che a luglio quando sono iniziate le polemiche sul CPT alcuni medici che lavoravano lì dentro hanno denunciato alla televisione che avevano pressioni dalla polizia nello svolgimento del loro lavoro.
Ora è il momento di essere tutti uniti e di avere il coraggio di lavorare tutti insieme per un mondo migliore”
Questi fatti riaccendono i riflettori sopra il Centro di Permanenza Temporanea di Ragusa situato in via Colajanni confermando ulteriormente che queste galere etniche rappresentano in realtà dei luoghi di sospensione dei diritti.
Il lungo elenco di fatti inquietanti accaduti nel cpt-lager di Ragusa; dal caso della donna cinese detenuta a Ragusa pur essendo in possesso di regolare permesso di soggiorno, la donna cinese scomparsa dall’ospedale di Ragusa, le numerose fughe che avvengono sistematicamente da una struttura di cui dovrebbe essere almeno difficoltoso superare la doppia recinzione, la carente informazione alle migranti dei loro diritti come abbiamo scoperto il 1 agosto, tutto questo e altro ancora; proiettano ombre inquietanti su questa struttura.
Fethia ha rotto la coltre di silenzio ponendo a tutti noi; cittadini della città di ragusa, amministratori, partiti politici, associazioni e società civile; degli interrogativi: cosa sta succedendo dentro il cpt di via colajanni? Il coraggio di Fethia deve essere d’esempio per tutti coloro che sanno e che ancora non si decidono a parlare. Questa giovane donna tunisina ci sta dando una grande lezione di civiltà e dignità.
Per questo non le faremo mancare il nostro appoggio e il nostro affetto. Continueremo ad esserle vicini, non la lasceremo sola ma l’aiuteremo e la sosterremo nella sua lotta di civiltà contro la barbarie di chi vuole imporre la paura.
Ragusa 31 Ottobre 2005
Collettivo Migranti Ragusa
collettivo_migranti@email.it


Articolo tratto da: Laboratorio sociale occupato zeta - ZetaLab - Palermo - http://www.zetalab.org/
URL di riferimento: http://www.zetalab.org//index.php?mod=read&id=1130926821