Per Jean Baudrillard


Il 6 marzo all'età di 77 anni è morto Jean Baudrillard.


Stranamente non sono triste, anche se è un autore al quale sono incredibilmente legato.

Mi ricordo che la prima volta che lessi "Lo scambio simbolico e la morte" pensai: "non ci ho capito niente ma sono sicuro che questo libro mi cambierà la vita".

Ed effettivamente l'avrei letto molte altre volte, ci avrei capito molto di più ed avrebbe avuto un ruolo non indifferente nella mia vita, tanto da diventare il testo di riferimento della mia tesi di laurea.
L'opera di Baudrillard in generale è stata per me la "grande passione", i testi letti e riletti all'infinito dai quali si diramano innumerevoli vie di fuga.
Quelle pagine ormai lise dallo sguardo penetrante della lettura che trasforma le righe in solchi.

Strano, tra l'altro, per me, ottimista per indole, farmi appassionare da un pensiero così catastrofico.
Ma al tempo stesso estremo: l'opera di Baudrillard è assolutamente spiazzante, disarmante, senza punti d'appiglio, ma appunto per questo assolutamente esaltante.
Non abbiamo a che fare con un pensiero rassicurante e consolatorio, ma con qualcosa che va al nocciolo estremo delle questioni.

Se pensiamo a tanto post-modernismo modaiolo e salottiero, ci è chiaro perché Baudrillard sia sempre stato "venerato" in ambienti eretici e così poco apprezzato dall'accademia, tanto da non superare mai il ruolo di associato.

Ed eretico lo fu lo stesso Baudrillard, anche rispetto ai mostri sacri e a tutte le "chiese": quella marxista, quella psicanalitica, quella strutturalista e persino quella post-strutturalista.
"Dobbiamo giocare Mauss contro Mauss, Freud contro Freud, Saussure contro Saussure".

Rivoltare e desacralizzare fino ad andare a cogliere gli elementi che, portati alle estreme conseguenze, sarebbero risultati insopportabili per quegli stessi autori.

Così, giocando il feticcio di Freud contro il feticcio di Marx (e a loro vola contro se stessi) arriva ad offrire uno sguardo sulla nostra società insopportabile.
La nostra è una società simulacrale, l'era dell'indeterminatezza radicale, il regno dell'aleatorio: la scomparsa di ogni referente di realtà non porta semplicemente al dominio del virtuale, ma ad un'iperrealtà in cui è impossibile anche la distinzione tra reale e virtuale.
Ogni valore di scambio si autonomizza da qualsiasi valore d'uso. Ogni significante da qualsiasi significazione. La circolazione dei segni ormai fluttua incontrollata al di là di qualsiasi referenza come emanazione di una matrice (the matrix) di opposizioni disgiuntive che a partire dalla propria duplicazione raggiungono lo stato puro dell'indeterminatezza.
L'unico, quando si specchia e si sdoppia diventa assoluto, in quanto comprende e annulla ogni sua possibile negazione: destra e sinistra diventano assolute solo nella duplicità che le unifica e dalla quale è impossibile uscire, così some uomo e donna, bianco e nero, organico e inorganico, vero e falso.

Tutto ciò ha però incredibilmente a che fare con la più profonda materialità!
La materialità della forma del rapporto sociale basata sulla profonda commutabilità di ogni elemento al proprio interno.
Tutto si annulla reciprocamente, tutto perde di significato, tutto si riflette sulla propria opposizione e scompare.

Tutto tranne la morte:
"All'indeterminazione del codice e alla legge strutturale del valore non risponde più che la reversione scrupolosa della morte", scrive nell'introduzione de "Lo scambio simbolico e la morte".

Ed effettivamente ho pensato spesso alla morte di Jean Baudrillard, alla morte cioè di un pensatore che ha tematizzato la morte in modo assolutamente dissacrante, anzi denunciandone la sua emarginazione ed esaltandola come forma di opposizione radicale alle forme catastrofiche del codice di commutabilità.
La morte di un autore che titolava un suo capitolo: "La mia morte ovunque, la mia morte che sogna".

Così oggi non sono triste. E stamattina quando mi è arrivato il primo sms di un'amica che mi mandava la notizia, l'ho presa in assoluta armonia: mi sono alzato dal letto, ho preso il libro e sono andato a rileggere quelle pagine:

"L'irreversibilità della morte è un fatto scientifico moderno. Essa è peculiare della nostra cultura. Tutte le altre affermano che la morte comincia prima della morte, che la vita continua dopo la vita, che è impossibile discriminare la vita dalla morte.
Contro la rappresentazione che vede nell'una il termine dell'altra, bisogna cercare di vedere l'indeterminatezza radicale della vita e della morte, e l'impossibilità di automizzarle nell'ordine simbolico.
La morte non è una scadenza è una sfumatura della vita - oppure la vita è una sfumatura della morte.
Ma la nostra idea moderna della morte è governata da un sistema di rappresentazione del tutto diverso: quello della macchina e del funzionamento. Una macchina funziona o non funziona. Così la macchina biologica è viva o morta".

Così se l'organico è iniziato a scomparire, se il corpo di Jean Baudrillard ha terminato la sua vita, la sua fantasmagoria continua ad aleggiare e lo scambio simbolico è appena all'inizio.
I suoi segni continueranno a disseminarsi e a confonderci.
Proprio perchè Baudrillard è morto, oggi è più che mai tra noi.

Totò Cavaleri


Articolo tratto da: Laboratorio sociale occupato zeta - ZetaLab - Palermo - http://www.zetalab.org/
URL di riferimento: http://www.zetalab.org//index.php?mod=read&id=1173433195