Divagazioni SOSPESE


Dal 12 aprile parte la rassegna: Divagazioni SOSPESE

Sempre il giovedi' alle 21.30
ingresso: 1 euro.

12 Aprile 2007

L'uomo senza passato

di Aki Kaurismaki

Sceneggiatura: Aki Kaurismaki

Fotografia: Timo Salminen

Cast: Markku Peltola, Tahti, Kati Outinen, Kaija Pakarinen, Sakari Kuosmanen, Juhani Niemela

Anno: 2002 Finlandia

Durata: 97'

Pirandelliano, da noi si direbbe, il motivo della "rinascita" per una perduta identita'  anagrafica, pirandelliano l"effetto straniante di un treno che scarica nella stazione di una grande citta'  un uomo in piena assenza di identita' . Ma questo è l'uomo senza il suo passato. Un uomo che si ritrova ostinatamente di fronte le difficolta'  sistemiche di una realta'  animata soltanto ormai da maschere fisse, da personaggi teatrali deprivati della loro stessa esistenza. In questo stato di sospensione identitaria l'assurdita'  si scatena, seguendo i fili spezzati di /non sense/ che rendono l'atmosfera densa di irrealta' . Lo stupore di chi assiste è identico a quello dei personaggi nei confronti della loro salvezza, che si offre loro inaspettata, improgrammata, fuori dalle logiche del sistema. Le relazioni che si instaurano fra gli attori di questa Commedia riscoprono la loro umanita'  solo ai margini della loro esistenza, almeno di quella "ufficiale'. Ai limiti di una Helsinki vista dall'interno dei suoi ingranaggi produttivi, dai suoi containers carichi di merci destinate a partire e uomini condannati a sopportare il peso di tutto il loro plusvalore, solo qui il personaggio è in grado di ricostruire la sua vita, di svincolarla dallla forma assurda che le era stata imposta, di farsi finalmente simbolo carico di un senso, di un profondo senso di umanita' .

/Alessandro Scibetta/



19 Aprile 2007

Marius e Jannette



Regia: Robert Guediguian


Francia, 1997
interpreti:

Ariane Ascaride (Jeannette)
Gérard Meylan (Marius)
Pascale Roberts (Caroline)
Jacques Boudet (Justin)
Frédérique Bonnal (Monique)
Jean-Pierre Darroussin (Dédé)
Laetitia Pesenti (Magali)
Miloud Nacer (Malek)

Francia 1997

durata :102 min.
A dispetto del titolo /Marius e Jeannette /è un film corale.

I personaggi sono gli abitanti di un cortile popolare del quartiere dell???Estaque di Marsiglia ripresi nella loro quotidianità: la vita di coppia, il lavoro, la scuola, lo sciopero.

Jeannette ha un lavoro da cassiera e un mal di schiena che non le permette di stare seduta in maniera ???corretta???.

Marius ha un lavoro da custode e una gamba ???zoppicante???.

Tutto questo ha poca o nessuna importanza, è un peccato svelare dettagli di un film che ha la sua essenza proprio nella vita dei personaggi, dove la storia non è altro che il vagare dei loro desideri.

Ciò che invece vale la pena di dire è che lo spettatore non è lasciato solo sulla sedia: si ha l???impressione che i personaggi, quando escono dal campo, ci vengano a trovare. Per questo direi che è anche un film solare, che invita ad essere solidali, a condividere i momenti, a guardare il bello dove non penseremmo di trovarlo.

Walter Santino



26 Aprile 2007

Brucio nel vento



Regia: Silvio Soldini


Italia-Svizzera, 2001



3 Maggio 2007

Perdizione (Kárhozat)

Durata: 116 minuti.

Origine: Ungheria, 1987.

Regia: Béla Tarr.

Sceneggiatura: Laszlo Krasznahorkai, Béla Tarr.

Fotografia: Gabor Medvigi.

Montaggio: Agnes Hranitzky.

Scenografia e costumi: Gyula Pauer.

Musica: Mihali Vig.

Interpreti: Miklos B. Székely (Karrer),
Vali Kerekes (la cantante),
Gyula Pauer (Willarsky),
Hédi Temessy (la guardarobiera),
Gyorgy Cserhalmi (Sebastyén).
"Non bisognerebbe mai raccontare le trame dei film. Non solo perché non sono importanti, ma perché sono menzognere. Ci ingannano. Ci fanno credere che anche nella vita esista una "trama"."

Béla Tarr

Seguendo l'invito dell'autore non parlerò di tradimento; delle relazioni tra i personaggi; di loschi affari e commissariati; di bettole luride con gestori poco raccomandabili: poco potrebbero dirci del film e della sua atmosfera. Molto meglio concentrarsi su "circostanze, umori, stati d'animo", quegli elementi cioè che sostanziano i concreti momenti vissuti e donano un contesto ed un senso alle vicende nelle quali ci imbattiamo. Fin dalla prima sequenza ci troviamo davanti ad un personaggio che si trova in una situazione di stallo; non conosciamo le vicissitudini che ha affrontato, le gioie e i dolori che ha provato, ma si direbbe che ormai ha accumulato e sedimentato esperienze sufficienti a fargli perdere qualsiasi illusione o speranza, fermo in un'attesa indefinita davanti ai carrelli di una miniera che girano in tondo senza sosta, con movimento inesorabile. E la circolarità è una figura fondamentale nel film, ci prospetta la possibilità di un movimento, che però, nel ritornare al punto di partenza, si rivela ingannevole ed illusorio: di più, si trasforma in una trappola dalla quale non si può fuggire, un vortice che ci trascina in basso senza scampo e si richiude su di noi inesorabilmente. La dimensione tragica del protagonista (e del film) sta nel tentativo di trovare un "oltre" possibile, una smagliatura nel meccanismo, una metafisica via di fuga, proprio quando ormai acquisita è la consapevolezza dell'inutilità di tale ricerca. Perchè la storia deve fare il suo corso. Perchè non è possibile fermare il tempo. E così ci troviamo proiettati in un'atmosfera di sospensione, che assume i connotati di una controllata disperazione, in uno spazio dove si gioca una complicata dialettica tra stasi e movimento: alla fine non potranno che coincidere, e l'inevitabile accettazione del corso della storia significherà la negazione di se stessi, un rotolare nel fango senza possibilità di redenzione.

Di fronte a questa materia disperata e inesorabile, Béla Tarr tenta un'operazione difficile e rischiosa, attingendo risultati altissimi: compiere una descrizione analitica e lucida, senza infingimenti o eufemismi, facendo al contempo vibrare le immagini di una partecipazione emotiva che raggiunge le vette della pietas.

Lunghi piani-sequenza composti da carrellate lentissime ci immergono nella ricerca di un contatto con la realtà scabrosa rappresentata: è come se la camera (e noi con lei) sfiorasse oggetti, volti, ambienti, lambendoli e accarezzandoli, nella realizzazione di un cinema "tattile", sempre sorvegliatissimo; e, allo stesso tempo, lo sguardo vaga sempre oltre, alla ricerca di qualcosa che sta fuori campo, esplorando l'ambiente e disinteressandosi dell'azione. In questo modo il regista riesce ad essere contemporaneamente spietato (senza essere cinico) e coinvolto (senza pietismo), collocandosi alla giusta distanza.

L'obiettivo sembra essere quello di realizzare un movimento dove ogni passaggio narrativo è immerso e sommerso dalle sensazioni e riflessioni che lo accompagnano e che aleggiano nell'aria, per cogliere le quali è necessario ingaggiare una lotta contro il tempo, tentare di ingannarlo. Il risultato è la frantumazione della narrazione e l'emersione di un paesaggio post-industriale livido e nudo, tetra immagine della decadenza che investe uomini e cose.

Nino Termotto




10 Maggio 2007

Senza tetto nè legge



Regia: Agnès Varda


Francia, 1985


Articolo tratto da: Laboratorio sociale occupato zeta - ZetaLab - Palermo - http://www.zetalab.org/
URL di riferimento: http://www.zetalab.org//index.php?mod=read&id=1176244120