Attraverso una sofferta elaborazione interna ed estenuanti assemblee e momenti di confronto decidiamo di avviare una trattativa con le istituzioni finalizzata alla legalizzazione. Come l’occupazione non ha mai rappresentato per noi un fine in sé, ma un mezzo per portare avanti le nostre idee, così la legalizzazione non costituisce un tabù. Anzi la legalizzazione potrebbe disegnare un precedente positivo per questa città: le istituzioni si vedrebbero costrette a riconoscere l’occupazione e l’azione diretta come una prassi legittima per ottenere spazi di libertà. Inoltre la regolarizzazione della nostra situazione ci darebbe la possibilità di programmare con maggiore respiro e senza il fiato sul collo dello sgombero le nostre iniziative più a lungo termine.
Consapevoli del cambiamento non indifferente che provocherebbe una situazione di legalizzazione, tuttavia essa non inciderebbe sulla sostanziale natura del Laboratorio Zeta, che rimarrebbe comunque in stato di conflitto con le realtà istituzionali e non, che negano sistematicamente il diritto all'azione diretta nel recupero degli spazi pubblici abbandonati per fini sociali e culturali.
istituzionali e non, che negano sistematicamente il diritto all'azione diretta nel recupero degli spazi pubblici abbandonati per fini sociali e culturali.
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nel DNA del Laboratorio Zeta infatti il bisogno di agire direttamente e da pro
tagonisti nel tessuto sociale che viviamo quotidianamente; non muterebbe oltre a ciò
la tensione interna del posto, che in nome dell
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autogestione rifiuta qualsiasi gerarchia, anzi promuove l
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interazione paritaria tra tutti. Soprattutto l
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assemblea, che è
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empre aperta a qualunque contributo, rimarrebbe l
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unico luogo decisionale.
Dopo mesi di estenuanti incontri decidiamo di chiedere il comodato d’uso gratuito del posto, unica forma accettabile di legalizzazione che permetterebbe di mantenere gratuiti l’accesso e la gestione del Laboratorio. Insieme al C.I.S.S., associazione non governativa che promuove nel mondo forme di cooperazione tra i paesi del sud del mondo e che si occupa tra le altre cose di profughi, globalizzazione, organismi geneticamente modificati, presentiamo la richiesta di affidamento. L’affinità con il C.I.S.S. e la conoscenza reciproca maturata in anni di lavoro all’interno del Coordinamento Contro il Crimine Globale, poi diventato Forum Sociale Siciliano, fanno sì che un tale rapporto appaia naturale e in prospettiva proficuo.
DOPO LE ULTIME ELEZIONI AMMINISTRATIVE.
Col passare dei mesi sembra profilarsi uno spiraglio nella trattativa e una possibilità concreta di soluzione. Ma dopo le ultime elezioni comunali l’atteggiamento del presidente dell’IACP muta radicalmente. Peritore non intende affidarci il posto, piuttosto decide di lanciare un bando d’asta per l’affidamento dei locali. Questo passo indietro dimostra inequivocabilmente che all’interno della città alcune forze, che ben conosciamo e che premono sull’IACP, galvanizzate forse dai recenti risultati elettorali, osteggiano qualunque ipotesi di soluzione della trattativa, in coerenza con il loro pensiero e la loro prassi reazionaria e priva di qualunque barlume di intelligenza. Le istituzioni infatti, qualora si dimostrassero ulteriormente sorde alle esigenze che vengono dal basso di usufruire di spazi pubblici e sociali, farebbero ricadere inevitabilmente la situazione in un meccanismo di sgombero-rioccupazione e repressione-mobilitazione. E’ evidente che un nuovo sgombero del Laboratorio Zeta o una qualunque provocazione, susciterebbe un immediata mobilitazione, antitetica certamente al mantenimento dell’ordine pubblico cittadino, di cui le istituzioni dicono di farsi garanti.
Chiediamo un incontro con il Prefetto di Palermo per informarlo della trattativa e per sollecitarlo affinché ne favorisca una soluzione a breve termine. Il prefetto non vuole incontrarci, com’era prevedibile. Dopo un sit-in in via Cavour la prefettura cambia idea e decide di ascoltare le nostre rivendicazioni. Il vice del prefetto, in un primo incontro, si dice non ostile al comodato d’uso gratuito, ma nella realtà, come si evince anche da un secondo incontro, non sembra concretamente impegnata in tal senso.
OGGI.
La trattativa è in una fase di stallo. Se il bando d’asta risultasse un modo pulito per buttarci fuori da via Boito la mobilitazione diventerebbe un obbligo non più rinviabile. Fermo restando che l’unico mezzo concreto per continuare l’esperienza del Laboratorio Zeta rimane l’occupazione e la promozione sempre più intensa di iniziative. E’ sotto gli occhi di tutti infatti la sempre maggiore crescita politica e sociale del Laboratorio: sempre più persone lo frequentano e lo vivono organizzando svariate iniziative, tutte all’insegna del no-profit e dall’indubbia utilità sociale e culturale.