[Zeta - Laboratorio Sociale Occupato - Via Arrigo Boito 7 Palermo]

Amenabar e gli altri.

Le malelingue vociferano che quest'anno il festival del cinema di Venezia abbia premiato attori e registi senza alcun criterio, assegnado troppi premi a operucce poco rilevanti. Non credo che sia opportuno confermare senza scrupoli tale affermazione, del resto non sono stato a Venezia e non posso giudicare rettamente, tuttavia dopo aver visto The Others in una sala della città non posso evitare di pormi tutta una serie di domande inerenti alla questione di cui sopra. Ma andiamo con ordine.

Innanzitutto, e va detto subito, the Others è un film straordinario, probabilmente il migliore della stagione.

La storia si sviluppa tutta in una grande casa sperduta su un'isloetta inglese. Già dalle prime immagini lo spettatore entra in un'atmosfera gotica e inquietante, ma come ogni buon horror il meccanismo si innesca a poco a poco, stritolando tutto nella sua morsa impietosa. Una algida e nevrotica Nicole Kidman apre la porta a tre personaggi dai vestiti un pò malconci: cercano lavoro come domestici. E' l'inizio. Si scopre che la donna non vive sola, ma ha due figli affetti da una grave forma di allergia che li costringe a vivere al buio. Bisogna che ogni porta sia chiusa per evitare l'ingresso della luce, bisogna che ogni finestra sia coperta da tende pesanti.

Da queste premesse si articola una trama imprevedibile e ricca di colpi di scena, che lentamente sfocia sempre più nel soprannaturale, con un finale aperto e maledetto.

La bellezza di The Others è nella sua esasperazione tecnica celata da un messa in scena coinvolgente ed implosiva. Ogni meccanismo funziona perfettamente, diretto come una locomotiva verso il risultato finale. Dalla bellissima fotografia ricca di neri densi ed effetti diffusi di javier Aguirresarobe alla maniacale ricostruzione delle scenografie di Benjamin Fernandez. Per non parlare della recitazione. Nicole Kidman è folgorante nel suo vestito attillato con le spalline a punta, e riesce a conferire al personaggio di Grace, una grazia inquieta, maledetta sin dalle prime inquadrature. Il suo personaggio assume connotati sempre più irreali e rende ambiguo il legame con gli altri, come se "intrusi" fossero già i muri, le pareti, i lunghi corridoi. Da segnalare anche la piccola Alakina Mann che entra perfettamente nei panni della bimba fotosensibile.

Amenabar, qui alla sua terza prova, dimostra un'ottima padronanza del linguaggio cinematografico - sono sue anche la sceneggiatura e le musiche - destreggiandosi con una storia a chiave che cela, dietro di sè, consapevolemente o no, cento e più anni di industria filmica. Pura gioia per lo sguardo The Others è un film che tiene incollati allo schermo e che, malgrado le critiche, deve davvero poco al Sesto Senso di Shyamalan. Da vedere assolutamente in compagnia di qualcuno.

Massimo La Magna


Le Altre Interpretazioni.

Un film come The Others offre al critico un gamma infinita di rimandi e spunti per sceverare chiavi di lettura le più disparate. Intanto, vista la scena iniziale (un grido in primissimo piano della Kidman che si desta da un incubo) viene subito in mente che tutto lo svolgersi della pellicola, col suo andamento ciclico, altro non è che la maledizione iterata e asfissiante a cui è condannata la donna, come un sogno ricorrente. Cristallina rappresentazione, tutta occidentale, della follia omicida. Labirinto grottesco eppure raffinatissimo.

Altrettanto buona la teoria della metafora cinematografica: i bambini fotosensibili come la pellicola 35mm. che passano tutto il film chiusi al riparo dalla luce, e proprio quando la luce irrompe all'interno della casa-macchina da presa ecco che si svela l'inganno del film e la sua conclusione.

Più concettuale eppure di gran fascino la chiave di lettura multipla: per la madre gli altri sono i fantasmi della sua follia omicida, ed in questo caso è un film sulla follia, per i bambini sono la parabola della negazione, dalla luce innanzitutto, ma anche dall'affetto paterno e dalla socialità, per i domestici, la vicenda, è una storia di iniziazione alla morte, l'inizio di un percorso che è destinato a durare ciclicamente finchè i fantasmi non si renderanno conto di essere tali e saranno in grado di convivere coi vivi.

Poichè si tratta di un'opera complessa e autoesplicativa, si corre, di certo, il rischio di prolungarsi in ipotesi balzane rischiando di perdere di vista il risultato finale. Per questo motivo non credo che ci sia una via univoca per comprendere The Others. Bisogna accettarlo nella sua genetica ambiguità polisemantica. Abbandonarsi al flusso delle immagini a 24 fotogrammi al secondo senza mediazioni.